I primi metri e ponti sospesi

agosto 4, 2009

fiume

(I primi dieci metri del fiume, foto di Emilio Rigatti)

qualcuno ha strizza

(Paura sui ponti, foto di Emilio Rigatti)


Le staminali dell’Isonzo

agosto 3, 2009

staminali

Le staminali dell’Isonzo (foto di Emilio Rigatti)


Il rumore del fiume (6)

luglio 16, 2009

arcobaleno

Il rumore del fiume (sesta parte)
di Mauro Daltin

Arriviamo all’auto ed è strano pensare dopo quattro giorni di cammino di sederci di nuovo dentro una macchina. Il fiume è lì, in basso a sinistra, silenziosissimo e timido. È ancora un fiume donna, ancora per pochi chilometri. Ci affacciamo sul ponte di Plave. In mezzo al greto, con gli stivali verdi che lo coprono fino al tronco, c’è un pescatore. Usa la canna come una frusta che fa volteggiare in aria. Lascia il filo piano piano, fino al punto dove vuole che la mosca artificiale si adagi sul pelo dell’acqua. Poi segue con lo sguardo il lento andare dell’esca. Riavvolge il filo e ricomincia. Se gli togliessero la canna dalla mano starebbe ballando sopra il sottofondo di musica classica allargando le braccia e piegando leggermente il corpo in avanti. È un tutt’uno con l’acqua. Lui è fatto di acqua, sulla sua testa cade pioggia, il suo corpo è mezzo immerso nel fiume. Lo fissiamo per qualche minuto senza dire niente. Poi alziamo lo sguardo sopra di lui, risaliamo tutta la vallata, quella dopo e quella dopo ancora, riattraversando i costoni delle montagne fino ad arrivare alla sorgente. C’è sempre la gentile signora ad accoglierci nel piccolo rifugio. Mi chiedo perché mi trovo lì, ma non c’è nulla da dire o a cui pensare, solo qualche ora per riposare le gambe e i piedi per poi ripartire l’indomani. Tendo l’orecchio e rimango in ascolto del silenzioso rumore del fiume. Na svidenje, Soča.


Il rumore del fiume (3)

luglio 7, 2009

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Il rumore del fiume (terza parte)
di Mauro Daltin

“Scusi, per Lepena?” chiedo a una signora molto anziana curva sull’orto a raccogliere qualcosa. Ne vedi tante di donne vecchie, con le calze di lana tirate su a mezzo polpaccio, un golf slabbrato e la pelle bruciata dal sole.
Lei pronuncia una parola in sloveno che noi non capiamo. Si avvicina l’indice all’orecchio e poi lo punta verso il letto del fiume.
“Seguite il rumore” pensiamo che voglia dire. Non lasciatelo mai, sarà lui a portarvi dove vorrete.
Non aspetta nessun cenno di ringraziamento, si riaccuccia sul suo pezzo di orto e noi andiamo. Qui è il fiume che segna il territorio, che lo divide in un di qua e in un di là. È la Soča che dà vita, che fa sorgere case, campeggi, interi paesi. L’intera Valle deve a lei la propria esistenza. Gli sloveni lo hanno capito e la ringraziano come sanno loro, curando un sentiero che dalle sorgenti termina poco prima di Bovec. È il Soska Pot, una camminata che rende onore alla Signora della Valle. Un percorso curato nei minimi particolari che scorre quasi sempre accanto a lei oppure la lascia al massimo per qualche centinaio di metri.
“Sembra che qualcuno alzi e abbassi il volume” mi dice Simone ad un certo punto indicando anche lui l’orecchio e poi il fiume.
“Che colore ti immagini?” mi chiede.
“Bianco”.
“Rumore bianco” fa lui.
“Esatto, come il titolo del film che abbiamo visto al cinema. Quello sul Tagliamento” dico io.
“E come un libro di Don De Lillo” continuo.
“Rumore bianco è l’insieme di tutte le frequenze udibili. In pratica il rumore bianco non esiste, graficamente è una linea continua, senza picchi. E il suono che ne esce sembra proprio quello dell’acqua” mi spiega con l’anima del musicista che gli è propria. Leggi il seguito di questo post »


Il rumore del fiume (2)

luglio 2, 2009

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Il rumore del fiume (2)
di Mauro Daltin

Il fiume è a destra, a decine di metri di profondità. È lui adesso che segna il territorio. Ne risaliamo tutto il corso in macchina, due ore circa che si trasformeranno in quattro giorni pieni di camminata.
Una timida signora ci accoglie nel piccolo rifugio alle sorgenti della Soča, in mezzo alla Val Trenta, nel parco naturale del Triglav. Sorride e si sforza a parlare un po’ di italiano. Sono in tre donne a gestire la casa. Gli uomini non ci sono. Dove il fiume femmina nasce lo custodiscono delle donne, come è giusto che sia, come qualunque momento della nascita dove gli uomini sono quasi del tutto eliminati dalla scena.
“Noi andiamo su, alla sorgente” la informiamo.
“C’è neve” dice lei.
“Quanto tempo serve?” le chiedo.
“Venti minuti” dice lei.
“A dopo”.
Lei sorride, torna a sedersi su una panca accanto alla stufa calda e si appunta su un foglio dei numeri.
Dopo una ventina di minuti siamo lì, di fronte a un blocco gigantesco di neve incastrato come fosse un diamante in mezzo alle rocce. Saliamo lungo la ferrata tenendoci stretti alla corda non del tutto stabile. In due punti barcollo. Guardo giù e vedo che il fiume sbatte violento sulle rocce. Ripeto fra me che ci vuole calma. Leggi il seguito di questo post »


Il rumore del fiume (1)

giugno 26, 2009

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Dalla camminata lungo il corso sloveno della Soča è nato questo reportage/racconto che pubblico a puntate qui.

Il rumore del fiume (prima parte)
di Mauro Daltin

Una fila di macchine è incolonnata dietro semafori temporanei che regolano il traffico. La strada in certi punti ha ceduto verso il fiume e stanno cercando di puntellarla per metterla in sicurezza. Ce ne sono un paio consecutivi che ci rallentano. Quasi tutte le macchine davanti a noi hanno legate sui tettucci delle canoe o dei kayak colorati che sembrano frecce pronte a rompere il muro dell’aria. A destra Simone scorge ogni tanto la Soča e cerca di capire dove passeremo, dove si nasconde il sentiero. Sembra che tutto vada lento. Gli operai stanchi sul ciglio della strada, un paio intenti a parlare nelle ricetrasmittenti, uno sposta con la pala un po’ di ghiaia senza convinzione.
Pare che tutto sia fermo, incastonato dentro queste vallate verdissime. Che non ci sia alcuna fretta.
“Non finiranno mai la strada se continuano così” dice Simone.
Ai lati vediamo case in ristrutturazione. C’è un senso di abbandono, come se i lavori una volta iniziati, poi, si fossero fermati per qualche strano motivo. Come se una notte tutti da qui se ne fossero andati e la mattina nessuno avesse rimesso mano alle cose. Incompiutezza è il termine che mi viene in mente. Accosto questa incompiutezza al vicino confine appena attraversato. Leggi il seguito di questo post »